Nell’epoca del “tutto e subito”, anche nella fotografia, Ugo Mellone scatta con un ritmo del tutto diverso. Ricerca, progetto, viaggio, osservazione sono quattro delle sue parole chiave. Un percorso che Ugo Mellone racconterà nel talk che lo vedrà protagonista, il 29 agosto alle 21.30 alla Torre del Faro, del Vada Photo Festival 2023. Non solo: stesso giorno ma nel pomeriggio (dalle 16,30, Centro infanzia Regina Pacis) Mellone sarà anche al centro del laboratorio per bambini, tra fotografia ed esplorazione.
Ugo Mellone, naturalista e fotografo, è nato a Lecce, ma vive in Spagna da oltre 10 anni. Dopo aver studiato come ricercatore il fenomeno delle migrazioni degli uccelli, si è dedicato totalmente alla fotografia. Nel talk racconterà l’ultimo progetto pubblicato (ma il lancio del prossimo, realizzato con due colleghi, è alle porte…), dedicato al deserto del Sahara.
Non solo dune e sabbia. Qual è stato il suo punto di vista?
“Al Vada Photo Festival cercherò di farlo intuire partendo proprio dalle migrazioni degli uccelli. Inizierò dal biancone, uccello migratore che a metà settembre é comune sulla costa toscana. In questo periodo i bianconi, in arrivo da tutta la penisola, si concentrano tra la Versilia e la Liguria per entrare in Francia e raggiungere lo stretto di Gibilterra”.
Quello sul Sahara è stato un progetto molto lungo e impegnativo: 12 anni.
“Avrò l’occasione di mostrare l’immagine simbolo: le due gazzelle di Cuvier. Ci sono voluti due anni, e una tecnica mai usata prima, per arrivare a quello scatto”.
Come è nata la passione per la fotografia?
“Sono nato e ho vissuto l’epoca in cui le foto avevano ancora la loro magia mentre adesso siamo sommersi da una quantità sconfinata di immagini. La natura e gli animali mi hanno sempre interessato, sin da piccolo. La mia prima Reflex, però, l’ho avuta a 17 anni, relativamente tardi. Sfogliavo libri e riviste e questo mi ha aiutato molto, sono riuscito a crearmi un occhio. Desideravo ‘catturare’ le situazioni che osservavo: sarei potuto diventare un pittore ma non ne avevo le doti! Nello stesso tempo ho iniziato a studiare le scienze naturali, in particolare le migrazioni degli uccelli. Scienza e fotografia per me sono strettamente legate, una conseguenza dell’altra. La fotografia non è un fine ma un mezzo per comunicare quello che scopro. E la scienza è la maniera di elaborare le mie esperienze”.
In tutto questo entra anche la passione per il viaggio?
“Balcani, Albania, Grecia. A 17 anni sono andato in Grecia con la Vespa. Poi la Patagonia, il Madagascar… Ma il mio approccio è verticale: mi piace tornare varie volte, vivere il luogo, scoprirlo, cercare tracce di animali dove non è garantito che ci siano”.
Nel 2014 con “Butterfly in cristal” ha vinto il Wildlife Photographer of the Year. Un punto di svolta?
“Assolutamente. Un’immagine che mi ha portato molta fortuna e che ha aperto le porte anche ad altri premi (borse di studio dalla National Geographic Society e da Montphoto), arrivati dopo per altri lavori. A quella farfalla nel sale – realizzata sulle scogliere del Salento – sono molto legato. Rappresenta, però, un genere di foto molto grafico che oggi mi riesce più difficile fare perché ho sviluppato una mentalità legata al progetto”.
E se un bambino, durante la merenda, le dicesse che da grande vuole fare il fotografo, che consiglio si sentirebbe di dargli?
“Segui le tue passioni, impara ad osservare gli animali e a rispettarli. ‘Allena’ la tua capacità di narrazione, inizia a costruirti una formazione visuale e artistica. Le foto vengono dopo”.