Il romanzo è pubblicato da Einaudi Ragazzi, ma sarebbe più corretto definirlo “anche” per ragazzi. Lo ammetto, ho cominciato a leggerlo con scetticismo, quasi più per amicizia con l’autrice Linda Traversi, visto il genere non proprio nelle mie corde, ma mi sono da subito ricreduto e immerso nella storia di Stella, la protagonista: storia, oltre che ben scritta, avvincente e allo stesso tempo tenera e commovente. Fin dalle prime pagine ci si immedesima in modo totale con la protagonista.
Stella è una bambina di tredici anni affetta da una malformazione alla mano che le rende la vita impossibile, non tanto dal punto di vista fisico, quanto per la difficoltà di accettarsi e farsi accettare dagli altri. I coetanei la deridono o, nel migliore dei casi, la escludono e la sua malformazione la fa sentire un corpo estraneo anche all’interno della famiglia, dove non si sente capita da una mamma piccolo borghese e una sorella superficiale.
La “pinna”, quella mano atrofizzata che non le apparteneva, che si muoveva nella tasca come un piccolo animale ripugnante
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Un corpo estraneo. E’ così che si sente e che lei sente il suo arto malforme, un qualcosa che non le appartiene, che non fa parte di lei, che non avrebbe dovuto stare lì, a un’estremità del suo fisico ancora acerbo. “La pinna”, così chiama la mano atrofizzata e si rivolge a essa come a un soggetto terzo, autonomo; che si muove dentro la sua tasca come un piccolo animale ripugnante per nascondersi da occhi indiscreti.
Stella ha la passione per l’arte, per il disegno in particolare, dove si rifugia per sfuggire alla realtà, dagli altri, perché per lei, come per Sartre, l’inferno sono gli altri. Un giorno, nel parchetto condominiale, viene installata una panchina con la scritta “La panchina delle cose difficili”. Quella panchina viene frequentata da altri personaggi peculiari come Gerry, che ascolta solo canzoni di Califano, Agatina, una vecchietta sempre impegnata a cucinare per le sue misteriose figlie ed Emil, ragazzo nerd poco più grande di Stella infognato con i videogiochi: insieme a loro, Stella per la prima volta, non si sente diversa; si sente accettata come persona e finalmente non esclusa.
Quella panchina diventa il suo rifugio: una casa dove poter finalmente togliersi “il carapace” che si è costruita addosso e scoprire di avere dei sentimenti; sentimenti tipici di un’età difficile, ma che lei fino a quel momento non si era neanche sentita degna di poter provare, perché diversa, perché sbagliata.
Linda Traversi riesce a farci provare tutto il disagio di Stella, tutta la sua vergogna, il suo sentirsi sbagliata e ci sbatte in faccia tutta la cattiveria che possono raggiungere i bambini nei confronti di coloro che considerano diversi e stupidi e, quando dovrebbero intervenire i genitori, questi, vuoi per pigrizia, vuoi per orgoglio, tendono a “coprire”, a difendere i loro figli e minimizzare, senza prendere minimamente in considerazione quanto le parole, gli atteggiamenti, i sorrisini di scherno, possano ferire la vittima. Il male che le possono fare.
Lo consiglio ai ragazzi, ma soprattutto ai genitori, specialmente quelli di oggi: sempre più impegnati e meno attenti a inculcare nei figli i valori del rispetto e dell’accettazione per il diverso.