“Grazie, siamo stati bene come a casa”. E’ questo il complimento che ai fratelli Zazzeri fa più piacere. Ed è vero, tra i tavoli de La Pineta di Zazzeri sulla spiaggia di Marina di Bibbona si sta come a casa. Lo so perché l’ho provato. Ma ci sono due obiezioni da fare subito in premessa. Primo: io a casa non cucino così. Neanche mi avvicino minimamente al più semplice dei contorni. Secondo: spingendo la porta per entrare, l’occhio cade subito sulla Stella Michelin 2021, confermata, anzi conquistata con commozione dopo la scomparsa di babbo Luciano. Il grande chef Luciano. Poi varchi la soglia e scorgi anche quella targata 2020. E ancora indietro, fino al 2006. Ma la soggezione non va bene da queste parti. La nostra (siamo due) ‘Zazzeri experience‘ inizia qui.
Il vino: scegliamo un Vermentino della Tenuta Argentiera. Ma la carta è veramente infinita, con bottiglie di assoluto pregio.
L’antipasto: le trippe di mare (panino con rana pescatrice e trippa di baccalà), fiori fritti con ricotta e acciughe. Il consiglio è arrivare presto, prima degli altri ospiti. Per sedersi al tavolo e farsi cullare dal rumore delle onde del mare. Che è proprio lì, a un passo. Il benvenuto arriva subito, con un crostino, un croccante pane arabo al sesamo, e un assaggio con le bollicine.
VIVEVAMO A BRIGLIA SCIOLTA, IN UNA ROULOTTE DIETRO IL BAGNO. IO DICEVO: “sono il piccolo zazzeri, qui comando io”
Andrea, 32 anni, ha il ruolo di direttore. “E’ un lavoro che ti nasce e cresce dentro, avevo tre settimane di vita ed ero già nel ristorante. Lo stesso mio fratello, che si occupa della cucina. Da marzo a settembre abitavano tutti in una roulotte dietro il bagno, da Cecina ci si trasferiva a Marina di Bibbona fino a quando non ricominciava la scuola. Vivevamo a briglia sciolta. Qualcuno racconta ancora che, a chi mi chiedeva chi fossi, rispondevo: “Sono il piccolo Zazzeri, qui comando io”.
Il primo piatto: spaghetti con polpo novello, capperi e pomodorini; bavette con calamari, seppioline, aglio e salvia. “Tutto è iniziato da nonno, era il 1964. Regine dei fornelli erano la bis-nonna Nella, nonna Anna e zia Serenella. Nostro padre faceva il pescatore d’inverno e d’estate aiutava. Il cambio di marcia lo ha voluto lui, tra il ’96 e il ’97. Ha trasformato il locale, era un visionario, l’ho percepito anche io che avevo 12 anni che qualcosa stava davvero cambiando. Daniele ha fatto la sua scelta subito, già da quando di anni ne aveva 14: si è diplomato perito agrario e a 18 era già in cucina con babbo. Ha fatto la gavetta. E’ partito come sguattero. Mio padre lo portava dal pesciaiolo per fargli capire l’importanza delle materie prime. Ci portava dietro a cena nei ristoranti degli amici chef, nei locali stellati a imparare. Adesso non c’è più ma il nostro stile rimane quello della cucina di famiglia. Non ci sono stati e non ci saranno stravolgimenti. Ci piace che ci chiamino ancora ‘la baracca dello Zazzeri’. Si mangia bene e il rapporto umano con il cameriere durante il servizio rimane familiare. Non a caso Giovanni e Roberto, i ‘Gemelli della Pineta‘ sono qui da una vita. Per noi questo è importantissimo”.
Il dolce (sul secondo abbiamo a malincuore rinunciato. Ma questa è la conferma che le porzioni appagano non solo l’occhio ma anche la pancia): Per Luciano: mousse al caffè, biscotto alla nocciola, spugna al cioccolato e rum; semifreddo al croccante di pistacchio.
“Non era passato neanche un mese dalla morte di babbo che l’incaricato della guida Michelin era già qui. Ci ha detto: ‘Pensavo di trovare caos e disordine e invece è tutto come sempre’. La cucina e il servizio. E’ stato tutto molto commovente. Per gli altri Luciano Zazzeri era lo chef. Per noi era babbo. E dalla sua esperienza di vita vogliamo trarre insegnamento. E’ per questo che Daniele ed io cerchiamo di essere intercambiabili, ci ritagliamo spazi per la famiglia e la vita privata. Babbo invece viveva qui murato per sei mesi… Ma fare tesoro degli insegnamenti di nostro padre vuol dire anche questo..”.