L'avvocata Annamaria Del Chicca
L’avvocata Annamaria Del Chicca con la mamma e la zia Maria Pia Lessi nel giorno del giuramento

Pensi ad un avvocato e le prime parole che ti vengono in mente sono cause, denunce, processi, rabbia e rancore. Poi ci sono i diritti (da tutelare, da far valere) e questo ha già di per sé una valenza positiva. Ma c’è un’altra parola che associata alla professione può sembrare quasi strana, insolita, inusuale: sogno. E invece è proprio così. Fare l’avvocata – perché di donna si tratta, in uno storico studio tutto al femminile – può anche voler dire fare di tutto per realizzare i sogni degli altri.

Annamaria Del Chicca ha scelto di fare questo, accogliendo l’eredità del nonno e una vocazione che già alle elementari le aveva fatto scrivere nel tema in classe: “Voglio fare l’avvocata come mia zia Maria Pia”.  Nata nel 1990, livornese, laureata all’Università di Pisa nel 2016, parla della sua professione e pronuncia più volte la parola empatia. Rappresenta la nuova generazione dello Studio legale Lessi, fondato nel 1948 e tra un pc, un fascicolo e un’aula di tribunale, preferisce le relazioni.

L'avvocata Annamaria Del Chicca“Da piccola la zia, per me, era come una supereroina che aiutava le persone ad affermare i propri diritti. E’ sempre stato il mio modello. Ma prima di lei c’era stato il nonno. Lui era commercialista, il suo studio si occupava di economia aziendale e ha avuto un ruolo di primo piano nella ripresa del dopoguerra”. Parallelismi, la storia che ritorna. Perché qui il pensiero va subito al post-covid, alla ripartenza ma anche alle idee che sono emerse proprio nel periodo più critico.

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Idee da rendere progetti concreti

“Mi piace aiutare le persone nella fase patologica, aiutarle ad affermare i propri diritti, ma anche accompagnarli nella fase fisiologica. Ed è proprio in questo senso che mi sono affacciata al mondo delle imprese” racconta Annamaria Del Chicca. Imprese in embrione, imprese alla ricerca di finanziamenti e risorse per partire, magari della spinta per partecipare a un bando europeo o per lanciare una campagna di crowdfunding. “E quando riesco a realizzare i sogni di chi mi sta davanti è come, ogni volta, realizzare anche il mio. E’ bello ricevere la conferma che se uno vuole qualcosa, lo desidera, si impegna e si affida alle persone giuste, alla fine riesce”.

L'avvocata Annamaria Del ChiccaE se tante di queste idee che negli ultimi mesi hanno preso forma sono nate davvero durante il lockdown, è anche vero che spesso si tratta di idee al femminile: “Il Covid ha introdotto quasi un bisogno di riscatto. Ha risvegliato i sogni. Molte donne, anche donne che hanno attraversato periodi particolarmente bui o neo mamme che trovano il coraggio di rimettersi in gioco, hanno reagito cogliendo l’occasione per agire, per non rimandare più. Da giovane donna so bene quanto sia difficile affermarsi professionalmente, io stessa in tribunale, da praticante, venivo chiamata spesso signorina, al contrario dei miei colleghi maschi, sempre e comunque avvocati. E’ per questo che in questi anni mi sono resa disponibile ad incontri con le scuole sugli stereotipi di genere. Esperienze da cui, ogni volta, imparo qualcosa di nuovo che poi riverso anche nella professione. Le prime che ho aiutato a concretizzare i propri sogni sono state le mie amiche, a cui sono legatissima. Poi ho scoperto il Gruppo Terziario Donna di Confcommercio Livorno (di cui avevamo già parlato su Badalì con l’intervista alla presidente Valeria Masoni, ndr). Una rete, una squadra in cui pratichiamo l’ascolto attivo. Lo considero molto più che una collaborazione tra imprenditrici e professioniste. E’ tendersi la mano con la ferma convinzione che insieme siamo più forti”.

LA REGISTRAZIONE DEL MARCHIO, L’INIZIO DI TUTTO

Nell’attività di Annamaria Del Chicca – c’è poi un capitolo importante, che è anche uno dei primi passi per creare da zero un’azienda o un prodotto: il marchio. “A tutela del brand ma anche del consumatore. Molti sottovalutano quest’aspetto, ma per una start up è di fatto un bene immateriale, che crea ricchezza allo stesso modo di altri elementi”.

Il passaggio generazionale deve essere un trampolino e non una trappola

Infine, il percorso per far scattare, con serenità e consapevolezza, il passaggio generazionale: “L’ho vissuto io in primis, entrando nello studio di mia zia. Non sono mai momenti indolori, nel mio caso trovare la strada per portare il mio contributo all’attività consolidata della zia, principalmente nel diritto civile, del lavoro e di famiglia, è stato un momento di ascolto reciproco. Il passaggio generazionale deve essere un trampolino e non una trappola. Farlo capire non è semplice. Ed è il mio lavoro”.