Barbara Mazzolai, nel tempo libero, prende lezioni di sassofono. “Ogni sabato, mi diverte tantissimo anche se sono una schiappa”. E quando fa una passeggiata non può fare a meno di ammirare una pianta rampicante senza iniziare a porsi una serie di domande. Biologa, rosignanese, vive a Castiglioncello da 15 anni. Oggi è direttrice del Centro di micro-biorobotica dell’Istituto Italiano di Tecnologia che ha sede a Genova, segue e coordina progetti europei di eccellenza. Passione e creatività fanno parte del suo lavoro.
Per Barbara Mazzolai biologia e ingegneria si toccano, si mescolano, si parlano. Esattamente come fanno, ogni giorno, la sua parte emozionale e quella più tecnica. Pancia e testa, a braccetto. I robot bio-ispirati sono il pane quotidiano. “Lo studio della natura è la mia passione e di fatto non mi ha mai abbandonato. Sono arrivata all’ingegneria praticamente senza averlo preventivato”. Seguendo un’onda, il flusso delle cose, un pezzo alla volta. “Ho iniziato a fare ricerca in biofisica, nella mia tesi al Cnr di Pisa studiavo l’impatto degli inquinanti come i metalli sulla salute e sull’ambiente. Dopo è arrivato il master internazionale in gestione ambientale della Scuola Sant’Anna.
Mi sono detta: proviamo, non mi prenderanno mai…
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Ed invece sono entrata. Nel gruppo guidato dal professor Paolo Dario, impegnato nell’ingegneria biomedica, cercavano biologi per studiare le tecnologie per l’ambiente. Qui è scattata la mia prima collaborazione nel campo dell’ingegneria. All’inizio sviluppavamo per lo più sensori per l’ambiente. La robotica era quella di servizio nel senso di robot per il monitoraggio dell’aria e delle acque”. Poi sono arrivati i primi progetti sul polpo, gli animali soffici e le piante come modello per fare robot.
Nel suo ultimo libro – “Il futuro raccontato delle piante” (Longanesi, 2021) descrive tutte le soluzioni escogitate dai ‘decani della Terra’ – le piante, appunto -, per garantirsi la conservazione.
Nel frattempo c’è stato anche un dottorato di ricerca in Ingegneria dei microsistemi all’Università di Roma Tor Vergata. Per poi arrivare al 2015, quando Robohub, la maggiore comunità scientifica internazionale degli esperti di robotica, ha incluso Barbara Mazzolai tra le 25 donne più geniali del settore. E ancora: il Premio Marisa Bellisario e la Medaglia del Senato della Repubblica Italiana. A lei si deve la creazione del “plantoide”, uno speciale robot ispirato alle piante, in grado di crescere e di muoversi, progettato per indagare i meccanismi ecologici del suolo.
“Sono molto contenta, non avrei mai pensato… di fare tutto questo – commenta con semplicità – all’inizio immaginare questi livelli di interdisciplinarietà non era facile. Anche in questi giorni, in cui sono stata impegnata in vari workshop con i colleghi di altri paesi che si occupano di geomeccanica, biologici delle piante e dei materiali, ci siamo confrontati, abbiamo lavorato a partire da prospettive diverse. E’ stato davvero un momento creativo. Veramente bello”.
confrontarsi con colleghi di altre discipline è un momento creativo
“L’Italia nel settore dei soft robotics e nella bioingegneria è all’avanguardia, gli italiani sono pionieri, il mio gruppo è il primo in assoluto per lo studio delle piante. Possiamo contare su fondi interni con una strumentazione a livello mondiale e finanziamenti intercettati attraverso progetti europei, che non sono certo scontati. Siamo chiamati ad essere competitivi”. L’ultimo progetto, partito lo scorso anno, sta testando la teoria secondo cui radici e funghi formano una rete sotterranea che le piante usano per comunicare tra loro, inviando segnali di allarme, persino scambiando nutrienti per aiutare le piante che sono in una posizione meno favorevole e non ricevono abbastanza luce o acqua. Comprendere queste reti è importante per la qualità e la conservazione degli ecosistemi terresti. “Questo è il nostro progetto più ambizioso”.
E le donne – qui come altrove, in tutti gli altri lavori in corso, non mancano: “Ci sono. Anche a livello di corso di laurea. Parlando di ingegneria biomedica e bioingegneria, per esempio, qui il 50% degli iscritti oggi sono ragazze. Nel mio gruppo siamo 50 e 50 e questo grazie proprio all’interdisciplinarietà. Numeri che sono diventati tali recentemente, prima era diverso. Io stessa mi sono ritrovata in contesti dove erano l’unica donna o quasi. E sicuramente, almeno all’inizio, una donna deve sempre dimostrare un po’ di più rispetto ai colleghi maschi. Adesso qualcosa sta cambiando anche perché le nuove generazioni sono già abituate ad assumersi ruoli di responsabilità. Vedo un percorso di crescita diverso, finalmente più consapevole”.
#MISENTOBELLAQUANDO
Ci sarà anche lei tra le donne della nostra mostra #misentobellaquando che ritrae le donne capaci di abbattere ogni stereotipo. Mostra – con gli scatti di Viktoria Budko – che verrà inaugurata oggi, venerdì 4 marzo alle 19 al Teatro De Filippo di Cecina.