Sognava le corse di Tazio Nuvolari e le Bugatti. E sognare, anche a occhi aperti, può salvarti da tutte le brutture, dalle tragedie. Può salvarti anche la vita.
Eto Orlandini aveva 20 anni quando è partito per la guerra, negli anni ’40. Giovanissimo bersagliere, si è ritrovato in Russia alla guida di un camion che trasportava viveri, posta, feriti, documenti, su e giù per il fronte.
Ma di quegli anni, e della paura e di quello che ha vissuto, lui non ne aveva mai parlato. Un pezzo di vita, di brutti ricordi, e di storia, celati. Fino a quando sua nipote Chiara non ha preso il registratore in mano e si è seduta davanti a lui: “Nonno, raccontami”.
Come una porta che d’improvviso si spalanca sul passato. “Si ricordava tutto. Nomi, date, luoghi, aneddoti. Ha iniziato a raccontare ed è andato avanti un pomeriggio intero. Ascoltavo e mi sembrava incredibile, che fosse sopravvissuto, che fosse riuscito a tornare sano, e sano di mente. Alla finn gli chiesi come aveva fatto, come era stato possibile”. E lui, con la leggerezza che forse solo ai vent’anni si può avere, rispose: “Ma io pensavo ai motori, a Nuvolari”.
Nel 2005 Eto Orlandini è morto e sua nipote Chiara si è ritrovata con queste registrazioni tra le mani. “Ho sentito il bisogno di farci qualcosa, non volevo che questa storia finisse sepolta e dimenticata”. Ci ha messo dieci anni a ripercorrere tutto il tragitto del nonno. “In Russia i nomi delle città e dei luoghi adesso sono cambiati. Sono riuscita a orientarmi grazie a un uomo, in Islanda, che ha tradotto tutte le mappe dell’Us Army in tre lingue. E poi ho fatto ricerche all’archivio storico di Stato, ho contattato l’associazione Bersaglieri. Ho verificato tutto”.
E così ne è nato un libro. “Una Bugatti da guerra”. La storia di un ragazzo di Piombino, Poggio all’Agnello, partito i primi di giugno del 1942 e tornato nel maggio del ’43. Dei 230mila partiti per la Russia e ne sono tornati poco più di 10mila. Eto ha passato un anno a bordo di quel camion che lo proteggeva dalle gelide temperature esterne ma che, allo stesso tempo, lo rendeva estremamente visibile, un facile bersaglio.
“faceva talmente freddo, anche -40 gradi, che teneva un martello attaccato alla portiera per staccare il tallone dello stivale dal pedale”
Non è la storia di un eroe di guerra, anche se con quel camion ne ha riportati parecchi a casa di ragazzi come lui. “Era un soldato comune, un contadino. Un ragazzo che nei momenti più tremendi pensava ai motori che erano le sua passione, al corridore che era il suo mito, e così sì isolava e sognava”.
“Una Bugatti da guerra”, di Chiara Orlandini. Acquistabile su amazon e in tutte le librerie digitali.