Ho scoperto che mi piace il Vermut. Che è sempre l’ora del Vermut. E l’ho scoperto in una storica enoteca di Volterra, La Vena di Vino, mentre ascoltavo rapita i racconti di Bruno sugli “spiriti del bosco”. Perché “le storie che ci sono dietro ai liquori sono incredibili ed affascinanti”. E la storia dietro i liquori prodotti La Vena di Vino, bar di lusso popolare (e mai definizione è stata più appropriata) lo è ancora di più.

Nel 1862 Volterra portava il suo gin in Inghilterra. Come vendere il ghiaccio agli eschimesi! Eppure…

la vena di vino Bruno e il suo socio Lucio in questa piccola e suggestiva enoteca ci sono da più di vent’anni. Ma è dal 2018 che hanno deciso di dedicarsi alla ricerca, produzione e culto dei liquori, con la nascita di una loro linea. Dal Vermut, imprescindibile e sorprendente, al Bitter, passando per l’Amaro, l’originale Albatro, per finire con il Gin e il Gin Canapone. Sono loro gli “spiriti del bosco” perchè è dal bosco di Berignone che nascono. Noi li abbiamo, con piacere provati tutti, e ve li raccontiamo, insieme alle storie che si portano dietro. Anche se il nostro consiglio è di andare, assaggiare e farsi  raccontare queste storie direttamente da Bruno che così, vi assicuro, hanno tutto un altro fascino.

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la vena di vino Loro si definiscono infusionisti. Perchè i liquori della loro linea nascono dall’infusione nell’alcol di erbe, spezie, bacche. Ed è proprio quando cominciano a prendere coscienza e conoscenza del vasto mondo degli alcolici, che si imbattono in un catalogo dell’Expo di Londra del 1862, dove si parlava del “Gin Volterra”. Eppure nessuno fino a quel momento ne aveva sentito parlare. Da qui parte un attento e approfondito lavoro di ricerca, ne nasce pure un libro, una sorta di piccolo saggio, “Gli spiriti del bosco”. “Ma come? Da Volterra andavamo a proporre il gin agli inglesi? Come vendere il ghiaccio agli eschimesi!”. Eppure. Addirittura, e questa è una scoperta di soli due mesi fa, quando ancora l’Italia non era unita, il Granducato all’Expo di Parigi del 1857 portò lo speciale liquore prodotto dalla distilleria nel bosco di Berignone con i corbezzoli, l’Albatro.

la vena di vino la linea di liquori della Vena di vino si ispira alla storica distilleria perduta nel bosco di berignone

Della storica distilleria del bosco nata a inizio ‘800, quando nascevano i più grandi marchi di liquori che oggi conosciamo, non c’è traccia nè memoria, resta solo l’edificio che la ospitava, il podere Caprareccia. La linea di liquori prodotta dalla Vena di Vino si ispira a questa storia perduta. Era una produzione a km zero: la legna era quella del bosco, con vasche che raccoglievano l’acqua e le erbe, le bacche e i frutti raccolti nella riserva. E le materie prime sono le stesse, oggi. Così come pure le etichette, ispirate anche nel font, alle pubblicità dell’epoca. “Allora in Italia si era diffusa la malattia della vite. Il vino non si poteva bere, il gin veniva importato. Ma il gin si fa con il ginepro e il ginepro lo abbiamo pure qui. E dov’era il migliore? L’Accademia dei Georgofili, alla quale venne affidato lo studio, indicò proprio la Riserva di Berignone ed è qui che nacque la distilleria granducale”.

la vena di vino E’ sempre l’ora del vermut

Pure il Vermut già si faceva in Italia. Il nome ha origine tedesca e significa assenzio, che non è originariamente quello dei poeti maledetti, ma un’erba. Nel Medioevo lo chiamavano “ippocrasso”, da Ippocrate, perchè era una bevanda curativa. E non a caso ha iniziato a diffondersi da una farmacia torinese. “C’era questo farmacista torinese che lo teneva su uno scaffale con l’etichetta Vermut. E tutti andavano e glielo chiedevano, chissà come mai…”. A base di vino, aromatizzato, anche alla Vena di Vino è il più richiesto: da solo, con ghiaccio e arancia, o come base del Negroni o dell’Americano. Pure il Vermut Tonic è da provare. Quando in Italia non esisteva ancora la parola “aperitivo” c’era il Vermut, che andava bene come apertivo, a partire da mezzogiorno, o come digestivo, dopo cena. Appunto, “è sempre l’ora del vermut”. Sa di salvia, di genziana, di lavanda e di petali di rosa. E vi stupirà.

la vena di vino C’è pure il Bitter. Che dovrebbe essere amaro, e lo è ma piacevolmente. Ho anche scoperto che le donne solitamente non lo amano perchè hanno un senso dell’amaro più spiccato dell’uomo, una storia che ha a che fare con la raccolta delle erbe e i veleni. Fatto sta, che a me, che l’amaro solitamente non piace, hanno stupito sia il Bitter che l’Amaro. E pensare che il Bitter prima di diventare quello che conosciamo stava in una piccola bottiglietta, e veniva usato dai marinai come tintura alcolica da mettere sulle irritazioni, sulle punture di insetto, e sul petto e la gola per curare la tosse. Quando poi scendevano ai porti se lo facevano allungare e diventava una bevanda. Così i bar dei porti si sono attrezzati. Quello della Vena di Vino non è rosso, “perchè che senso ha andare a raccogliere le erbe nel bosco se poi ci metti i coloranti?”. Pure l’Amaro, rimedio alcolico ad uso dei caffettieri, oste e locandieri, è una scoperta che vi invito a fare. La ricetta è “sbirciata” dall’archivio di uno storico farmacista volterrano, rivista e corretta in chiave moderna.

la vena di vino L‘Albatro, dicevamo. Portato all’Expo di Parigi. “Il corbezzolo è dappertutto ma nessuno ci fa nulla. Loro invece ci puntavano molto”. Una sorta di elisir fruttato, un liquore da meditazione e da chiacchiere. Impossibile non amarlo.

il gin lo hanno inventato gli olandesi. E gli inglesi, appassionati di alcolici e colonialisti quali sono, lo hanno subito fatto proprio

E per finire il gin. In due versioni. Il classico e il Canapone, con l’infusione di mirto. “Oggi il gin va di moda ma la sua storia arriva da lontano. Ad inventarlo sono stati gli olandesi”. E non gli inglesi come si potrebbe pensare. Gli inglesi lo hanno scoperto durante una guerra che hanno combattutto con gli olandesi da alleati. Lo chiamavano “Dutch courage”, gli olandesi lo bevevano e partivano alla carica. “Gli inglesi, da appassionati di alcolici e colonialisti quali sono, lo hanno importato. E ci fu il boom. Lo facevano ovunque, pure nelle vasche da bagno. Divenne una tale piaga sociale che venne emanato il Gin Act, per mettere un freno”.

la vena di vino i 1600 reggiseni da tutto il mondo

E di storie da raccontare ce ne sarebbero anche molte. Come quella che non parla di alcolici ma di reggiseni. I reggiseni che tappezzano il soffitto della Vena di Vino. Ora ne restano solo alcune decine ma nei magazzini ce ne sono meno 1600, da tutto il mondo. “Un giorno un anziano americano in bici passò di qui e ci disse che la Vena di Vino gli ricordava il pub di un italo americano in Pennsylvania che era solito collezionare reggiseni delle donne che passavano di lì. Ci è piaciuto e abbiamo iniziato a farlo anche noi, per scherzo. E’ finita che chiunque ci lasciava un reggiseno!”

la vena di vino Che abbiate un reggiseno da lasciare, un pranzo con piatti tipici toscani da consumare nei sotterranei nella Vena, un liquore da assaggiare, o un cocktail da degustare (“ma lo sapete che il Negroni prende il nome da un conte giramondo al quale piaceva bere che al posto della soda nell’Americano voleva il gin?”), la Vena di Vino è una tappa imprenscindibile. Come il Vermut, adesso che l’ho scoperto.