caue pintaudiHa scelto di vivere esattamente in mezzo, quasi sospeso tra i suoi antenati: “Da parte di mio padre erano originari della provincia di Udine, emigrati nel Novecento, e da parte di mia madre siciliani”. Il suo percorso è stato al contrario: dal Brasile alla Toscana. E’ qui che sta scattando le sue foto, è qui che ha scelto di trasferirsi.

Caue Pintaudi, classe 1986, è nato a Limeira (San Paulo). Dalla fine della scorsa estate vive a Cecina, dopo sette anni trascorsi a Empoli e un precedente periodo parigino. Questa volta, da Empoli verso il mare, si è spostato per seguire il lavoro della sua compagna, innamorandosi (anche) della zona.

caue pintaudi“Mi è sempre piaciuta l’Europa, in particolare l’Italia e la Toscana. In pochi km ci sono usi, costumi, abitudini, linguaggi e cibo diversi. La mia prima macchina fotografica l’ho acquistata pochi mesi prima del lockdown, nel gennaio del 2020. L’idea era che la fotografia mi facesse compagnia nei miei viaggi”. Poi è diventata qualcosa di più.

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Caue si dedica spesso a fotografare concerti, eventi e performance. Un esempio: la mostra fotografica (già allestita a Vinci e Firenze) “Metaforma” con la makeup artist Giulia Vergalito. Corpi e colori che danzano. Un progetto in divenire, che avrà ancora altre tappe.

“Amo i ritratti e le persone. Chi usa le mani per produrre qualcosa: pittori, musicisti, falegnami. Ritraggo la persona nel suo ambiente, che sia in laboratorio o un atelier”. Oppure una strada pubblica, di fronte a una grande parete, come è successo a Riparbella durante il festival “La Collina delle Fiabe”.

caue pintaudiCaue ha immortalato con le sue foto il lavoro degli street artist (Giò Pistone, Zed1, Daniel Munoz, Mina Hamada, Zosen Bandido, Moneyless) chiamati a dipingere il borgo e domenica 17 novembre gli scatti verranno proiettati su uno schermo allestito nell’area feste durante la Sagra del Cinghiale.

“Una cinquantina di foto nelle quali ho cercato di dare voce al processo creativo di ciascun artista. Mi ha colpito molto come il contrasto dei colori sia in realtà riuscito a fondersi perfettamente con il contesto esistente, ogni murales racconta il palazzo che lo ospita, le storie, chi ci vive dentro o ci ha vissuto in passato. Gli artisti hanno parlato con le persone, ascoltato la popolazione. Ogni opera appartiene davvero a Riparbella, in tutti i sensi”.

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