Questa è la storia di un vino, di un’azienda, ma anche la storia di un territorio che ha origini lontane, al tempo degli Etruschi. Ed è soprattutto la storia di una donna e della sua famiglia. In pieno stile Badalì, la storia dell’azienda di vino Pagani de Marchi ha tanti ingredienti.
Ha inizio poco più di 20 anni fa. Pia Pagani de Marchi e il marito Enrico vivono in Svizzera, a Casale Marittimo vengono in vacanza. Innamorati di questa terra, iniziano a pensare di trasferirsi qui e di mettere a frutto il terreno intorno alla loro casa. Le indagini danno un responso chiaro: vino. Vengono piantate le vigne, cinque ettari di vigneto a merlot, sangiovese e cabernet sauvignon, e iniziano i lavori per la costruzione della cantina, a podere Nocera.
dieci anni fa ho insistito per la conversione al biologico, una scelta coraggiosa
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Vent’anni fa, alla vigilia della prima vendemmia, con la cantina ancora in fase di realizzazione, Pia perde il marito e si trova da sola alla guida di un progetto ambizioso che per lei, una vita nella Croce Rossa, è una assoluta novità. “E non è stato facile. Non lo si dice mai ma restare vedova significa anche questo. Quando mio marito, commercialista membro del consiglio di amministrazione di una grande catena alberghiera, raccontava del suo progetto di produrre vino veniva accolto da incoraggiamenti entusiasti e da promesse di acquisto. Fai il vino, che noi lo compriamo. Quando sono rimasta vedova, è diventato ‘Fai il vino che poi te lo tieni’”. Elegante e schietta, Pia Pagani de Marchi, non si è fermata, grazie anche all’aiuto e al sostegno di Attilio Pagli, enologo, e di Michele Satta. E non si è fermata neanche di fronte ai vincoli di un’area archeologica legati alla scoperta di una necropoli etrusca. Tra i filari dell’azienda sorge infatti la tomba di un principe guerriero etrusco che da queste colline dominava sul territorio circostante.
E’ stata Pia stessa a notare e raccogliere quella che è diventata il simbolo dell’azienda e dei suoi vini: una piccola anatroccola ornamentale in bronzo che adornava la spada del principe guerriero, simbolo all’epoca etrusca di buona sorte in guerra e nella vita. “Perchè l’anatra va sott’acqua, sulla superficie e vola in aria. Quando me la sono trovata in mano ho pensato che prima o poi qualcosa ci avrei fatto. E al momento di decidere le etichette e il simbolo dell’azienda le ho trovato il giusto posto”. Con la tomba sono stati portati alla luce un corredo funebre per il banchetto, la papera di bronzo, il sarcofago dell’uva, pure un vero e proprio kit degustazione per il vino, a segnare un connubio tra la storia e il vino che ha origini profonde. Adesso i reperti sono nei musei di Cecina e Volterra mentre le due statue più antiche sono custodite a Firenze, mentre la tomba, oggi nascosta e protetta da alti cipressi, potrebbe diventare nei progetti lo sfondo ideale per degustazioni in vigna.
La scoperta della necropoli è stato un passaggio significativo per la ricostruzione e lo studio della storia di questo territorio ma per l’azienda Pagani de Marchi ha segnato una difficoltà in più. “E’ stata una bella salita, tutto”. Ma Pia l’ha affrontata con la caparbietà e la determinazione che la contraddistinguono, facendo anche scelte coraggiose. “Dieci anni fa ho fortemente voluto la conversione al biologico. Erano pochissime le aziende che ci investivano allora. Il mio responsabile di cantina non era convinto ma io non mollavo. Alla fine abbiamo trovato un compromesso su metà filari. Ero convintissima e lo sono tuttora, perchè la differenza la fa la cura del terreno”.
Oggi, alla presentazione dei vini a vent’anni dalla prima vendemmia, i frutti ci sono. Ed è il momento per un passaggio di testimone: Pia lascia lo scettro al figlio Matteo. Che ha idee nuove e scommesse “in cantina” da portare avanti insieme a chi in azienda c’è sempre stato, come il responsabile di cantina Stefano Moscatelli, entrato qui fresco di laurea, e Ilaria Simoni per il settore commerciale: i prossimi vini che usciranno avranno nuove etichette, lettere etrusche a richiamare la storia di questi ettari, e novità anche nella produzione, nell’utilizzo delle barrique, e un nuovo vino in anfora di terracotta dopo il sangiovese in purezza. L’esperimento è già in corso e riguarda il merlot per andare a produrre un nuovo blend. Perchè la storia continua, sempre sotto il simbolo dell’anatroccola. Tra le novità, su tutte, Matteo Pagani de Marchi a tenere le redini, e lo sguardo attento di Pia. “Io sono andata in pensione” ricorda. Ma io l’ho vista fare l’occhiolino.