Relazioni, conflitti e figli. Queste parole sono spesso oggetto di terapia. Le possiamo vedere come parole distinte, ma anche come parti di una stessa storia. Quando la storia è quella di una famiglia che non riesce più a stare insieme, o meglio, quando i genitori come coppia decidono di non stare più insieme allora parliamo di una rottura che non coinvolge solo due adulti come coppia, ma che tocca anche la realtà dei più piccoli.
Questo fa parte della nostra vita, le relazioni sono il fulcro della nostra vita, ma sono anche il luogo dove affrontiamo esperienze che possono essere difficili. Ne abbiamo molte di queste esperienze, qualche volta ci imbattiamo in rotture e conflitti che riusciamo a riparare, altre volte rimaniamo insieme quando ci sono dei figli pensando che sia meglio per loro (ma è davvero così?).
Capita anche che arrivi una rottura e che la riparazione relazionale sia possibile proprio grazie a una separazione della coppia. Quindi cosa accade? Ecco, se parliamo di coppie con figli allora accade che magari non c’è più la coppia ma rimane una famiglia. Una famiglia dove le relazioni vanno riparate, gestite in un modo che ci faccia stare sufficientemente bene e sentire sufficientemente al sicuro. Ma come possiamo gestire in maniera funzionale i rapporti?
Nelle relazioni, come nella scienza, si va avanti per prove ed errori. Ora, questo non vuol dire andare avanti casualmente, ma implica avere una mappa che ci orienta e che ci permette di muoverci in maniera più funzionale possibile. Allora, avere la capacità di aggiustare il tiro e riparare le rotture è davvero importante per il nostro benessere relazionale.
I nostri cosiddetti errori sono magari solo dei momenti in cui inciampiamo e abbiamo l’occasione di guardare meglio dove abbiamo messo i piedi, in modo tale da imparare qualcosa su noi stessi e su quello che facciamo e diciamo nel rapporto con l’altro, con l’altra. E quando inciampiamo è utile ricordare di essere gentili con noi stessi, di usare quella che nella tradizione allargata della Mindfulness si chiama Self Compassion.
Questo ci può aiutare ad aumentare il nostro livello di consapevolezza e a mantenere uno sguardo morbido (che non significa né accondiscendente né indulgente): vediamo che quello che è successo è il frutto di un nostro modo di fare e che il nostro modo di fare è modificabile, almeno in parte e con gentilezza. Non serve che ci attacchiamo o che attacchiamo l’altro. Serve che comprendiamo, allarghiamo lo sguardo e focalizziamo meglio dove mettere i piedi per il prossimo passo. Questa a mio avviso è una buona scoperta. È una scoperta che ci permette di aumentare la qualità di una relazione.
Ma di fatto come possiamo fare? Proviamo ad andare un po’ più nel concreto. Come facciamo a stare meglio quando dobbiamo prendere decisioni che coinvolgono i figli e dobbiamo relazionarci con un ex partner?
Possiamo vedere qualche strumento che ci può essere di sostegno.
- Prima di tutto è importante non idealizzare. È utile invece cercare di essere radicati e a contatto con quello che succede nella realtà.
- Per fare questo possiamo portare l’attenzione al corpo, agli appoggi (all’appoggio dei piedi a terra o delle gambe su una sedia). Possiamo, prima di intraprendere un dialogo volto a prendere una qualche decisione, ascoltare come stiamo.
- Questo, quando siamo in relazione e stiamo parlando con qualcuno (nel nostro esempio con il nostro ex partner), ci aiuta a sviluppare risonanza: ascoltandoci iniziamo a renderci conto sia di come stiamo noi sia di come sta l’altro, l’altra.
- Rendersi conto di come si sta ci aiuta nell’individuare i nostri bisogni e nell’aprirci a riconoscere quelli dell’altro.
Da qui adesso possiamo fare un ulteriore passaggio, quello che coinvolge i figli. Come ci muoviamo quando dobbiamo prendere decisioni molto concrete come ad esempio comunicare che i genitori non stanno più insieme o se festeggiare il compleanno dei bambini tutti insieme o separatamente?
Non credo ci sia qualcuno che possa dire ai genitori che cosa fare o non fare, tuttavia anche qui ci può essere utile avere una mappa. La separazione dei genitori comporta la necessità di riorganizzare e ricostruire nuovi equilibri. Proviamo a vedere alcuni punti utili che ci aiutino nell’orientamento.
I punti della mappa:
- Il primo punto è quello indicato sopra: radicarci nel qui e ora. Aumentare il livello di sicurezza percepita.
- Ascolto di sé, apertura, gentilezza: impariamo a dare un nome ai nostri bisogni, perché sono questi che ci muovono nelle nostre azioni e reazioni. Imparare ad ascoltarci ci aiuta a rallentare e sostituire la reazione immediata con una azione più consapevole.
- Comunichiamo chiaramente cosa è successo (a seconda dell’età dei bambini ci saranno modi diversi). In caso che la comunicazione riguardi la separazione dei genitore possiamo orientarci a dire che i genitori non stanno più insieme, ma la famiglia per i figli c’è sempre. Non si mette in discussione. Oppure, ad esempio, se vogliamo decidere se festeggiare un compleanno insieme oppure no possiamo seguire un criterio dove il clima familiare sia sufficientemente sicuro e sereno. Se così non è forse ci possiamo chiederci se non sia meglio trovare altre soluzioni.
- Usare un linguaggio che i bambini possano capire e un atteggiamento che li faccia sentire al sicuro, amati e protetti.
- Preparare i bambini ai cambiamenti: i bambini devono poter immaginare cosa succederà (di nuovo l’età conta e cambia le cose), in modo da farsi una rappresentazione di quello a cui vanno incontro.
Avere una mappa ci sostiene, ma non dobbiamo confondere la mappa con il territorio. La realtà è più complessa e va gestita avendo ben presente la situazione e le dinamiche relazionali specifiche.
Quando sono in ballo le relazioni è in ballo la nostra più importate qualità umana, perché, come ben sappiamo, l’uomo è un animale sociale (ma non è l’unico animale ad essere sociale) e la cura delle relazioni e dei piccoli è essenziale nel nostro cammino evolutivo.
Giada Perini è psicologa, laureata in Psicologia Clinica e riabilitazione e in Filosofia, psicoterapeuta in formazione presso la Scuola di specializzazione Cognitivo-Evoluzionista (ecco come l’abbiamo conosciuta!). A lei abbiamo chiesto di tenere una psicorubrica su Emozioni e Relazioni
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